Ferrara’s fogshire
Mi sono laureato a Ferrara, città meravigliosa. Luogo comune la definisce come il Regno delle biciclette, delle zanzare e della nebbia.
Dopo un po’ che non torno, generalmente ed ultimamente in corrispondenza di mostre a Palazzo dei Diamanti, mi rendo conto che di queste tre cose mi manca soprattutto la terza: la nebbia appunto. Ma solo a Ferrara, intendiamoci. E specie di sera.
So che può sembrare una provocazione ma non lo è. La nebbia è la quintessenza di Ferrara: signorile e un po’ distaccata come le magnolie che spuntano dai giardini dei Finzi Contini. La zona medievale, via Delle Volte ad esempio per chi la conosce, acquista con la nebbia una dimensione magica nel pallido bagliore dei lampioncini a parete, dove anche un anziano signore in bicicletta diventa un’ombra degna di un film di Antonioni. O la zona dell’addizione erculea, Corso Ercole d’este (secondo me davvero la più bella strada d’Europa, come l’hanno definita!) con la sua lunga prospettiva, in cui gli edifici poggiano tutti sul medesimo basamento, racconta di un’atmosfera sospesa nel tempo e nello spazio. Non è un caso che Ferrara sia stata tanto amata da De Chirico: è una città metafisica e la nebbia la rende ancora più inafferrabile.
Tutto il territorio Ferrarese dà il meglio di sé con la nebbia, sia la campagna piatta ed uniforme da cui falangi di pioppi emergono compatte, che le valli di Comacchio dove il confine tra acqua ed aria sfuma in un tutt’uno riconoscibile solo se il pelo dell’acqua viene increspato da una barcarola.
photo: Lorenzo Linthout
La non nitidezza e la penombra sono materiale di architettura: la lezione, non accademica, dei miei anni accademici.