Corridoi e paura
Il corridoio di casa mia e della mia infanzia era stretto, alto, lungo e buio. Ai miei occhi di bambino risultava inquietante. Il luogo della paura. Le porte della zona notte che vi insistevano era tutte ugualmente paurose perché dietro ad ognuna di esse poteva nascondersi l’UOMO NERO. Il corridoio veniva affrontato da me, Enrico e Francesca, i miei fratelli più grandi, di corsa, nella convinzione che l’uomo nero fosse anche lento. Spesso ci facevamo gli scherzi perché questa cosa, mai detta, era ugualmente sentita da ciascuno di noi. E quindi ci nascondevamo dietro ad una di queste porte ed uscivamo all’improvviso, spaventando terribilmente l’ignaro centometrista.
I corridoi all’interno di un appartamento generalmente non possiedono una loro specifica qualità, servono solo a portare dal punto A al punto B. Non la possiede neanche il corridoio di casa di mia madre, che tuttora vive lì.
Esiste un modo, o più modi, per rendere i corridoi più significativi? E non necessariamente meno paurosi?
La significanza può essere data da uno stratagemma per portare la luce dove generalmente non arriva, sfruttando l’effetto prospettico e collocando l’oggetto rilevante sul fondo. Si può dare al corridoio una forma precisa, ad esempio, che non sia solo il risultato di quello che rimane a disposizione dopo che ho reso regolari le stanze.
L’architetto Peter Zumpthor nel progetto di una cappella privata, ad esempio, ha fatto il contrario: il percorso buio, lungo e sinuoso è fondamentale come anticipazione dell’evento cui si vuole dare massimo risalto ovvero la vera e propria cappella votiva in fondo, inondata di luce dall’alto.
Paura, magia, emozione. Più che di corridoio bisognerebbe parlare di passaggio transitorio: un bel paradigma della vita, no?
Rudi
Hai risvegliato in me paure sotterrate…