Rosticcerie e 110%
Quando ero poco più di un bambino, a metà anni ’80, mia madre aprì un negozio di pasta fresca e rosticceria. Il giorno dell’inaugurazione si presentò una folla gremita di persone, alcune delle quali molto improbabili che, come previsto, si videro solo in quell’occasione.
Quanto scrivo sotto mi ha riportato alla mente questo episodio.
Chi si occupa di edilizia dev’essersi scontrato con quel maledetto incidente che è il 110%. Decreti ministeriali e circolari di chiarimento si rincorrono da più di un anno, e puntualizzano, e contraddicono quello che è stato appena dichiarato da altro Ente. Ci si appella alla “semplificazione” di cui tuttavia non si intuiscono perfettamente i contorni e soprattutto una definizione ultima.
Restaurare il proprio immobile a gratis: questo è il ritornello che è stato ribadito fin dall’inizio e al quale un qualsiasi privato non può che essere sensibile.
Poco importa se il recente fatto di cronaca milanese del palazzo multipiano in fiamme abbia fatto capire che il cappotto esterno, che è una delle basi su cui poggia buona parte del sistema 110, sia di materiale prevalentemente sintetico e quindi tutt’altro che ignifugo. Non importa: è gratis.
Poco importa se i prezzi dei materiali dell’edilizia stiano raddoppiando, che le imprese siano impegnate fino a data da destinarsi. Non importa: è gratis.
l’edificio multipiano in fiamme a Milano
In tutta questa narrativa manca una cosa fondamentale che non viene dichiarata, manca una parola a cui non si accenna mai, in nessun decreto o circolare: la qualità; la qualità di quello che rimarrà dopo questa ubriacatura del 110%. C’è interesse nel fare qualcosa che per almeno trent’anni qualificherà la mia casa, il mio condominio, e a più larga scala il mio quartiere e la mia città? Ma la stessa parola “riqualificazione”, anch’essa alla base del SUPERBONUS 110%, non è forse “ridare qualità laddove non c’è?”
L’intera storia architettonica italiana si struttura su centri storici che si sono trasformati nei secoli perché di una bellezza riconosciuta come tale, trasformabile e durevole. E tutta la nostra storia architettonica è spesso di trasformazione di facciate che si sono ampliate (insieme agli edifici retrostanti) ed adeguate al gusto dell’epoca.
Lettura stratigrafica di epoche sugli edifici a Lucca. Photo by Falco Negenman su Unsplash
Allora perché in questo maledetto 110 che lavora per lo più proprio sull’involucro esterno, e quindi sulla facciata, si parla solo di classi energetiche, di costi e di massimali di spesa? Perché non si vede la capacità di rappresentare il gusto della nostra epoca? Perché non si vede la possibilità di contribuire ad una bellezza che duri nel tempo e non solo ad un temporaneo soddisfacimento? Ma non importa farsi queste domande: perché è gratis. E magari c’è ancora qualcuno che ci crede.
Forse è proprio questo che lasceremo come gusto del nostro tempo: brutti edifici per tutti noi, neo_presenzialisti di inaugurazioni di rosticcerie e mercerie anni ’80.
Marc O
That’s it.. Indeed
Gian Luca Zoli
exactly