Wisteria Line
Benché, per i più televisivi, il titolo rimandi ad una nota serie di alcuni anni fa, in realtà voglio raccontare del mio personale lockdown, la scorsa primavera.
Davvero non so cosa avrei fatto se non avessi lavorato sotto la pergola dei tre glicini (wisteria appunto) che intrecciandosi definiscono l’accesso alla mia casa-studio. Complice una stagione meravigliosa, la mia quotidianità lavorativa e non solo è stata scandita dal silenzio, dal ronzio delle api e dei bombi, dal profumo inebriante, dal verde intenso, dai giardini vicini, dalle colline in lontananza che anticipano quelle toscane. Mi sono sentito fortunato. Molto.
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Negli ultimi mesi tutti, ma proprio tutti, abbiamo dovuto confrontarci col tema della casa: anzi siamo stati costretti a farlo. Sono emerse, come credo, tante sollecitazioni e bisogni nel merito: necessità di spazi in condivisione e di totale isolamento; velocità di connessione per il telelavoro o la didattica a distanza; spazi che si potessero trasformare in pochi secondi e gesti; spazi verdi o per lo meno terrazzi, o logge, o pergole, come nel mio caso.
Ancora una volta questa esperienza ci dovrebbe democraticamente aver insegnato che quel che si definisce “casa” non sono i metri quadri della sala o della camera da letto ma quello spazio che abitiamo col corpo e con l’anima. Generalmente condividendo quello spazio con altri corpi e altre anime. Che siano di altri esseri umani o animali. Casa come luogo di relazione ed affetto, quindi, che meglio intende forse chi da questa pandemia o da altri precedenti eventi, si è visto sottratto il corpo e l’anima di un proprio caro dall’interno dello spazio quotidiano.
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E così improvvisamente la casa da luogo è diventata tempo, incredibilmente dilatato, e da dormitorio o spazio del week end ha riacquistato tutta la sua centralità, ha fatto emergere quello che manca ed acuito le tensioni presenti tra i forzati coinquilini.
E se questo 2020 ha portato lavoro inaspettato ad avvocati e psicologi per ciò che purtroppo si è distrutto, mi auguro, come architetto, e che con tutte le possibilità fiscali utili in questo momento, si possano invece costruire e restaurare anche i rapporti umani, proprio partendo dalle case.
Le persone che abitano le case sono LE case e sono altrettanto convinto che case felici, ben progettate e belle rendano migliore la qualità della vita delle persone che le abitano.
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in copertina: pergola di Casa ZG, vista dal basso